MADREH ELUCUBRA COSEH #37
“Gianglaudenzio, metti cappellino-guantini-doposci-ciantelle-coperta termica al biNbo che sennò prende freschino e piglia la tosse!”
“Certo Lucemariafròsala, gli metto anche anche la sciarpina al Vicsvaporub caso mai pigliasse uno zinzino di mal di gola decembrino, così si stronca subito!”
(Proprio come Madreh, Padreh e il Giovin Signore quel lontano 27 dicembre)
MADREH ELUCUBRA COSEH #38
Con fierezza commossa, Madreh si compiace della buona creanza con cui il Giovin Signore si relaziona ai coinquilini pelosi e\o morbidoni.
Infatti, nelle sue quasi quindici lune di permanenza su questo piano di esistenza, ha beccato solo tre graffi:
1) Da Angoscina, gatta appena appena psicotica, perché essa riteneva di non star ricevendo abbastanza attenzioni (in quanto Culino era troppo impegnato a non perdere l’equilibrio per accarezzarla ORA SUBITO).
Ma il giovane non se n’è nemmeno accorto.
2) Da Mini, perché la perla della famiglia quando gioca non sente ragioni e le sue unghie non hanno pietà per niente e nessuno, nemmeno per il pargolo.
Ma il giovane non ha fatto una piega.
3) Dal Visibile, che stava scalando un cancello, ha perso l’equilibrio e ha deciso di usare Culino per uno sfoggio di parcour ammortizza caduta, atterrandogli in piena faccia e spingendosi via con le zampe posteriori, mancando l’occhio di pochino pochino.
E lì il giovane ha fatto diverse pieghe.
Ciononostante, l’amore verso i gatti rimane infinito. (*)
Anche per l’ospite del mese, il redivivo Ossino (ora satollo come una cotogna), attualmente compagno di giochi e complice casinaro (MA in cerca di casa – e spero l’abbia trovata).
Comunque, amenità a parte, vederlo interagire in modo rispettoso anche se un po’ maldestro (pefforza eh) con gli animali fa gonfiare le penne materne in modo esponenziale.
(*)Tranne che per Trauma, che è iperinvadente e dunque becca dal Giovin Signore solo carezzine poco convinte e distratte e spintine affinché si levi da treppassi che c’ho da caminà, io.)
MADREH ELUCUBRA COSEH #39
X volte alla settimana la sveglia di Madreh suona molto presto, quando fuori ancora nemmeno il gallo masochista del vicino ha abbastanza energie per schiarirsi la gola.
Madreh si sveglia (o è già sveglia) e nel 93% dei casi accanto a lei c’è il Giovin Signore già gonfio di latte, perché la voglia di pocce non guarda in faccia all’orologio. Rimetterlo a dormire nel lettino dopo un lauto pasto? Impossibile senza sacrificare ulteriori preziosi minuti di sonno, e l’ora fatale già incombe. Quindi rimane lì.
Madreh deve alzarsi, lavarsi, vestirsi, fare colazione e partire. È necessario. È inevitabile. È più ineluttabile di un certo cattivo ambientalista di una saga Marvel, dell’IMU, di Sanremo e i suoi Sorapis.
Ma ogni volta che molla Culino lì, fra le braccia di Padreh, pronto a scongiurare pianti e brutti sogni, Madreh vorrebbe spaccare la faccia al responsabile di quel distacco forzato a un’ora improbabile, di tutte le ore preziose perse per strada invece che accanto al frutto delle sue ovaie, che cresce veloce e non la aspetta, che appena ritorna le sorride per un secondo e subito dopo strattona la maglia per riavere ciò che gli spetta, ovvero la sua Madreh con Pocceh.
Madreh ti troverà, prima o poi. E ti farà rendere conto di quanto sottratto spalmandoti sul pavimento.
L e n t a m e n t e.
Nella foto di repertorio, il Giovin Signore esprime apprezzamento per il ramen (ma erano udon) del clamoroso cuoco del Comix Café – Arezzo .
MADREH ELUCUBRA COSEH #40
Madreh oggi deve trasportare le sue granitiche chiappe a un duecentello di km da casa perché, come forse immaginerete, non basta esser stata sbattuta a lavorare a 150 km da casa, ci sono anche gli adempimenti per l’anno di prova e cestellate di rotture di anima, webinar, incontri col sindacato che ti guida in mezzo alla follia burocratica della mobilità ecc ecc.
Insomma Madreh porta Culino dalla nonna e lo saluta mentre, lieto come un riccio su una spazzola, zampetta nell’ascensore per sentire il rimbombo del pavimento.
Poi Madreh lo guarda salire via e si incammina verso la macchina.
E sente la stanchezza. La frustrazione. La desolazione. Le lacrime agli occhi. Il desiderio di tuffarsi in una cofana di gelato al cioccolato fondente anche se è febbraio. La voglia di andare al MIM (nome ogni giorno più discutibile) a distribuire schiaffi e calci in bocca.
E pensa alla m3rda di cui si riempie la bocca questo governo, che ci vuole tutte madri.
A meno che tu non sia un’insegnante.
In questo caso devi essere madre, ma dove diciamo noi e come diciamo noi.
(E stai serena che fra un po’ eliminiamo anche quei pochi appigli legislativi che ti concedono un minimo di mobilità)
Nella foto di repertorio, due cose belline.
Oggi ne abbisogno.
(Era il 23 febbraio 2024, dopodiché Feisbuk decise che ero minorenne o qualcosa del genere. Mi hackerarono l’account e decisi che m’avevano proprio rotto le ovaie)